Nel piccolo paese siciliano di Naro, in provincia di Agrigento, risiede il maresciallo Antonino Pilato, un uomo ormai abituato alla tranquillità del luogo e all'assenza di un veri e propri casi da risolvere. Finché una vecchia storia, celata tra le pagine di un vecchio diario, si intreccia con un caso qualunque di sfruttamento di migranti e di traffico illecito di denaro. Finalmente qualcosa rimetterà seriamente in moto curiosità e spirito di investigazione del maresciallo.
Un sacco nero rinvenuto all'interno di un'area archeologica sarà una prova allentante e schiacciante.
Un caso qualunque non è altro che il libro di Salvo Di Caro, siciliano come noi, edito da Bookabook.
Prezzo cartaceo 13€/ Prezzo Ebook 5,99€ per un totale di 150 pagine. |
Le vicende che riguardano il carabiniere si dispongono su due piani, pubblico e privato: veniamo a conoscenza, nel corso della storia, del suo lavoro, del caso oggetto d'indagine e del rapporto con i colleghi. Ma a questo aspetto si affianca anche la descrizione della famiglia, moglie e due figli, ai quali il maresciallo tiene molto. Antonino Pilato è un uomo fedele e accondiscendente nei confronti della moglie, con la quale naturalmente non mancano i battibecchi.
Per di più il maresciallo è un amante della buona cucina casereccia siciliana e per questa ragione, aspetto che ci è molto piaciuto, ricorda e spiega alcune ricette dei piatti che si accinge a gustare.
Riguardo il rapporto con i colleghi l'autore ha ben descritto il clima cameratesco di un caserma, in cui, per quanto ognuno abbia i suoi ruoli, non si smette mai di scherzare e deridere l'altro.
Difatti questo è l'unico mezzo per conoscersi meglio, condizione necessaria in un lavoro simile.
«Devi capire che se non ci conosciamo tra di noi meglio delle nostre tasche, tutto quello che facciamo non funziona. È così nella vita ma soprattutto è così in una caserma.
Se non so quale possa essere la tua reazione, non potrò mai coprirti e difenderti al cento per cento. Devo conoscere tutto di te, così come tu di me. Ma guarda che non parlo delle tue cose materiali, di quelle non frega niente a nessuno, noi vogliamo conoscere Filippo, il collega a cui spesso affidiamo la nostra vita.»
Altro aspetto molto carino è l'utilizzo del siciliano, utile per inserire personaggi ed eventi nell'ambientazione esatta e rendere più verosimile il racconto. Siamo concordi con l'autore per il fatto che esistono delle parole e delle espressioni siciliane che difficilmente si possono trasporre in italiano, ma tentare è davvero divertente.
[...]al maresciallo venne in mente un vecchio gioco che faceva con i suoi compagni di liceo, di solito davanti a una birra ghiacciata, nelle calde sere d'estate. Si prendeva una frase in dialetto e si proponeva una traduzione da inserire nel vocabolario della lingua italiana.
Invece ciò che ancora una volta ci ha fatto storcere il naso è stata la descrizione della condizione di degrado e incuria dei beni culturali e delle aree archeologiche dell'isola: da archeologhe non possiamo che indignarci quando sentiamo dire cose del genere e ci preme sempre più trovare delle soluzioni.
«Ma quale pubblico? Non sia mai caro maresciallo, magari poi siamo costretti a ospitare turisti e badarci, no, no, meglio stia chiuso e si lasci governare dall'incuria del tempo.»
Che dire? Lo stile narrativo è molto fluido, l'indagine in corso risulta molto accattivante e spinge a informarsi sempre di più, pagina dopo pagina. In tal modo il racconto non risulta mai noioso.
Ci è davvero piaciuta la storia ideata dall'autore per quanto amara in certe costatazioni.
Ringraziamo allora la casa editrice per averci consentito di leggere questo bel libro.
Vi lasciamo anche un booktrailer ben fatto alla luce della nostra lettura, qualora voleste dare un'occhiata per capire qualcosa in più.