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Date da mangiare ai pesci - recensione

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Il viaggio è il mezzo principale per la scoperta di nuove terre, cose mai viste, sensazioni mai provate. Proprio per questo non si tratta di un percorso soltanto fisico, nello spazio, ma di un viaggio interiore, di crescita e di scoperta di se stesso. Ce lo hanno insegnato le storie del passato, l'Odissea e l'Eneide, Marco Polo e Dante.
E ancora una volta ci viene data una prospettiva di viaggio da parte di Salvo Cavallaro nel suo libro Date da mangiare ai pesci, edito da Carthago Edizioni.

Prezzo cartaceo 15€ per un totale di 120 pagine.
Il libro si articola in diversi racconti: il primo di questi è quello che dà il nome al libro. Prima di partire il protagonista lascia ai suoi familiari la richiesta di dar da mangiare ai pesci che sarà costretto a lasciare a casa.
L'attenzione e la cura per questi animali si dispone, poi, su tutto il resto del capitolo, dal momento che i titoli di ogni capitolo sono tratti dai nomi di alcune specie: ad esempio Chanda Ranga, Ennacanthus Chatodon, ecc.
Questo viaggio, fisico innanzitutto, vede il protagonista alla ricerca di emozioni e avventura insieme agli amici, tenendo sempre la testa ancorata ai propri sogni.

Il secondo racconto prende il nome di Viaggio, si tratta infatti di un secondo viaggio: questa volta il protagonista si trova per aria all'interno di una navicella spaziale, ma con i pensieri sempre rivolti verso casa, a terra. Un viaggio, dunque, inverso al primo.

A questo punto il significato del titolo "Date da mangiare ai pesci" si chiarisce ancor di più: è una richiesta del viaggiatore di consentirgli di vedere il mondo, scoprendolo alla ricerca di se stesso, ma con la certezza che gli affetti lasciati a casa stiano ricevendo le giuste cure. Così una volta giunto al termine del viaggio, egli potrà ritrovare coloro che ama, simboleggiati dai pesci.




Gli altri due racconti, più brevi, rivelano altri aspetti di vita e della propria personalità.

Tra le frasi che più ci hanno colpito vi è certamente questa, che racconta proprio di noi giovani, alla ricerca disperata del nostro posto nel mondo:


«[...] quanti ragazzi vengono sfruttati dalle Università, dalla politica, dalle istituzioni.»

[...] «Quanto hai ragione! Non ci hanno lasciato nulla in cui credere, né valori né ideali. Solo un senso di instabile e precario. Sai che siamo la prima generazione più povera dei nostri genitori?»

«[...]secondo me siamo anche la generazione più triste dei nostri padri.»


Che dire? Lo stile di scrittura è molto fluido e ben comprensibile, non annoia e anzi fa davvero riflettere su se stessi. Lo consigliamo davvero a tutti, perché nella sua brevità contiene tante verità.

Ringraziamo, dunque, lo scrittore per averci donato le copie del suo libro e averci consentito di dire la nostra!

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