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Il grido della rosa di Alice Basso (Garzanti Editore) - recensione

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Anita Bo è una giovane dattilografa degli anni Trenta che lavora per una rivista di gialli. Dovrebbe pensare al matrimonio con il suo fidanzato, a mettere su famiglia e a sbrigare faccende domestiche. Eppure questo lavoro le dà una prospettiva diversa, le offre un mondo più avvincente e adrenalinico.
Beh non solo il lavoro, anche quei piccoli casi che, come una vera detective, prova a risolvere in giro per la sua Torino. 
E di certo essere affiancata dal suo superiore, lo scrittore, traduttore e proprietario della rivista, Sebastiano Satta Ascona, non è certo cosa da poco!

Il grido della rosa è il secondo capitolo che racconta le avventure di Anita e Sebastiano dopo l'esordio ne Il morso della vipera. I romanzi sono scritti da una delle nostre autrici italiane preferite, Alice Basso, ed edito da Garzanti.

Prezzo cartaceo 16,90€/ Prezzo eBook 9,99€ per un totale di 300 pagine.
 

UN NUOVO CASO PER ANITA
 
Una donna viene trovata morta nella casa dei genitori affidatari del figlio: Gioia è una ragazza madre, non ben vista dai ferventi sostenitori del regime fascista. Chi crederebbe mai ad una donna del genere, piuttosto che a delle ricche e rispettabili persone di classe elevata?
La giovane protagonista non accetta tutto questo e decide di mettersi al lavoro pur di scoprire la verità.

LE DONNE E IL FASCISMO
 
Il regime fascista tutela le donne, le protegge e garantisce loro tutto il necessario per la loro buona salute. Sì, naturalmente. Ma solo se ti sposi in fretta e dai dei figli sani e robusti che possano servire lo Stato. Solo se fai il tuo dovere di donna-moglie-madre. Perché anche se l'ONMI, l'Opera nazionale maternità e infanzia si fregia di tutelare donne e bambini in difficoltà, tra cui ragazze madri e prostitute, nasconde certe ombre che non possono essere taciute. Non per Anita comunque.

È per le ragazze. Che vengono prezzate e visitate e spostate e trattate come un piccolo gregge di pecore di discreto - ma neanche eccelso-pregio. E perché la disturba pensare a tutte quelle ragazze giudicate, vagliate, piazzate qui o là, da commissioni su commissioni, nei bordelli come all'ONMI. Ma da dove cominciare a spiegarglielo?

ANITA DETECTIVE
 
In questo secondo caso la protagonista avrà dei nuovi complici, consapevoli o meno del suo secondo "lavoro" presso il giornale: la sua migliore amica Clara, ragazza molto arguta e intelligente, e Candida, insegnante di dattilografia di entrambe le giovani. 
Eppure investigare con Sebastiano ha tutto un altro sapore...

Parlando concitati (ma sottovoce, per non farsi udire da Monné nel caso stesse arrivando nel frattempo), l'uno sulle frasi dell'altra, si sono avvicinati. Ora sono a neanche trenta centimetri, in piedi di fianco al lato corto della scrivania. Terra di nessuno: né il lato di Anita né quello di Sebastiano. E si sbracciano, gesticolano, perché l'energia e l'urgenza che non possono tradurre nel volume della voce la strizzano e incanalano nelle braccia, e così le loro mani a un certo punto si toccano a mezz'aria e di colpo ritornano fermi, rigidi - ma frementi - l'uno di fronte all'altra a guardarsi in faccia come se tutti e due fossero un visitatore degli Uffizi e ognuno la Primavera dell'altro.

...sopratutto se questa investigazione poi contribuirà a fare giustizia.
Ma quale giustizia? Durante il fascismo non si poteva certo denunciare chiunque, soprattutto chi aveva "le spalle ben coperte".
Ecco perché la trovata di Anita e Sebastiano sembra geniale e pericolosa al contempo: i racconti inventati di uno scrittore straniero inesistente diventano la loro arma per difendere gli indifesi. E sembra funzionare bene, per ora.
 
Insieme, sono una dannatissima macchina. 
Non l'hanno fatto apposta, non sapevano di esserci porta ti, ma è così. È la loro chimica speciale, e funziona. 
«Stavo solo pensando che mi sta già piacendo moltissimo», dice Anita, come se confessasse un misfatto. 
Sebastiano si morde una guancia. «Anche a me», sussurra. 
Non c'è niente da fare. Sono una macchina. Sono complici.

LO STILE
 
Che dire? Alice Basso non si smentisce mai! Nonostante con Anita ci abbia portato negli anni Trenta, è stata in grado di raccontarceli con tanta maestria e senza mai annoiare. Tutte le informazioni che ci dà sono assolutamente delle chicche di storia che appartengono ai nostri nonni.
Nel nostro caso letteralmente! Nonna ha lavorato all'ONMI, la parte in luce dell'ente d'assistenza, e ci raccontava sempre di tutte le donne che ha contribuito ad aiutare grazie ad essa.
 
Non ci resta che ringraziare la casa editrice per averci inviato una copia omaggio e averci consentito di dire la nostra per tutti voi! 

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