Eccomi nuovamente qui per proporvi il nuovo romanzo di
Khaled Hosseini, come promesso.
Ebbene sì, l’ho già finito xD
Anche questa volta l’autore non ha smentito la propria fama
dando voce alle questioni più drammatiche e toccanti della vita umana. Questa volta
però, pur concentrandosi sempre su una realtà afgana, è riuscito a descrivere
realtà umane mondiali, dall’abbandono e la costrizione di un padre a farlo
all’allontanamento dal proprio paese con la successiva perdita delle proprie
radici; dall’amore sincero e puro di due fratelli , le cui vite sono divise
forzatamente, all’amore imposto o violento che non porta mai alla felicità .
Ecco delle parti significative:
“Ma di fatto è infastidito dalla loro mancanza d’interesse,
dalla spensierata ignoranza dell’arbitraria lotteria genetica che ha garantito
loro una vita privilegiata.”
“<<È là che sono nata.>>
<<Ah bon?>>
Guarda fuori. <<Sei fortunata.>>
<<Perché ?>> <<A sapere da dove
vieni.>>
<<Non credo di averci mai fatto caso.>>
<<Bah, certo
che no. Ma è importante saperlo. Conoscere le proprie radici. Sapere dove hai
cominciato a formarti come persona. Altrimenti la vita finisce per sembrarti
irreale. Come un puzzle. Vous comprenez?
Come se ti mancasse l’inizio di una storia e ora che ti ritrovi a metà cerchi
di capire.>>”
Per quanto riguarda il titolo, come afferma lo stesso
autore, è frutto dell’ispirazione avuta dalla poesia di Blake, “Il canto della
nutrice”:
Quando le
voci dei bambini si sentono sui prati
E si ode
ridere sulla collina,
Il mio
cuore è in pace entro il mio petto
E ogni cosa
è serena.
«Allora
tornate a casa, bimbi miei, il sole si è coricato
E le
rugiade della notte si formano;
Venite,
venite, lasciate i vostri giochi, andiamo via
Sinché non
torni il mattino nei cieli».
«No, no, ci
lasci giocare, poiché è ancora giorno
E non
possiamo andare a dormire;
E ancora
nel cielo volano gli uccellini
E le
colline son tutte coperte di pecore».
«Beh,
allora andate a giocare finché la luce non si spegne
E poi
andate a casa a dormire».
I bimbi saltarono
e gridarono e risero
E tutte le
colline fecero eco.
Ferite, tradimenti, amori e sacrifici insomma sono il nucleo
centrale del romanzo che non segue un filo cronologico, bensì guarda avanti e
indietro nel tempo a cause e conseguenze di azioni ed emozioni umane.
Non vi è un solo protagonista, ma molti che se in un
capitolo sono narratori di vicende, in un altro diventano semplicemente attori
muti. E da qui forse l’idea dell’Hosseini di voler guardare la vita non dallo
sguardo di uno solo ma dalle diverse voci che si alternano per descrivere un
mondo vario dove giusto e sbagliato non hanno una linea di demarcazione netta.
Ma come sempre nei romanzi di Hosseini ciò che mi ha più
colpito è il finale emozionante:
nel caso di “Mille splendidi soli” nell’ultima pagina Laila
e il marito cercano dei nomi maschili per il nascituro, dal momento che se
fosse nata femmina si sarebbe chiamata sicuramente Mariam, come l’amica che si
era sacrificata per dare a Laila e Tariq la possibilità di vivere felicemente
come una vera famiglia.
In questo romanzo invece sono due i momenti significativi:
1.
Quando Pari consegna alla zia una scatola che
suo padre aveva conservato per lei dopo tanti anni trascorsi dalla loro
separazione. La scatola conteneva la raccolta di piume amata dalla zia da
piccola.
2.
Quando Pari “concede” alla zia un bel sogno,
quello che aveva sempre “donato” a suo padre: i due fratelli, distesi su un
prato nella pace più assoluta, si appisolano l’uno accanto all’altra, senza
parlare perché semplicemente soddisfatti del calore della reciproca vicinanza,
dopo essere stati separati per una vita intera.
Spero che qualcuno di voi si sia lasciato catturare dalla bellezza del
romanzo e voglia condividere con me il segno impresso nel proprio cuore =)
La Blu
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